Alcuni aspetti del viaggio I - La nostalgia del viaggio di Kipling

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Non posso dire di aver viaggiato molto, ma ho incontrato parecchi viaggiatori e ho notato che le impressioni che essi raccontano pubblicamente nei loro scritti sono una cosa, quello che confidano agli amici in privato sono un’altra. Così vorrei cercare di far luce su alcuni aspetti del viaggio intimi e personali, anche se forse sono insignificanti o assurdi. Non dobbiamo dimenticare che fra qualche anno il modo di viaggiare sarà profondamente cambiato e che le emozioni di carattere fisico e mentale che accompagnano ogni spostamento subiranno un cambiamento radicale. Si avvicina il giorno in cui gli uomini non entreranno più in contatto con un paese sconosciuto in modo graduale e in prospettiva, ma lo conosceranno all’improvviso anche nella sua planimetria. E’ prossimo il tempo in cui la parola inaccessibile, riferita a un qualsiasi punto della terra, cesserà di avere qualunque significato e sarà possibile coprire grandi distanze in una settimana, centosessantotto ore.
Mi assumo allora l’incarico di notaio, con il compito di registrare le esperienze che sono sul punto di scomparire.

Molti anni fa domandai a un giovane amico, che aveva fatto rilevamenti topografici in una parte poco nota dell’Asia, a cosa pensasse durante il lavoro. Egli mi rispose che, dopo che la sua squadra si fu sistemata ed una routine giornaliera fu messa a punto, la sua mente si trovò imprigionata in un triangolo ossessivo – mentre ne parlava lo disegnava nell’aria – rappresentato dalla preoccupazione per le provviste, dal rischio di malattie e dalla strada da percorrere. Questa figura geometrica immaginaria era per lui altrettanto reale di una vera, disegnata con il gessetto sulla lavagna. La sua mente si spostava al centro di un triangolo isoscele: da un lato le Provviste, dall’altro le Malattie, in alto un punto M che si allontanava continuamente, nonostante lui lo rincorresse. Soltanto dopo che il lavoro fu terminato e le misurazioni effettuate, il punto M si aprì ed egli potè passarci attraverso. Fino a quel momento, il suo pensiero rimase imprigionato – la parola da lui usata era imbrigliato – fra quelle linee immaginarie. Mi ricordo che discutemmo a lungo della cosa, ma il desiderio di scoprire il perché la sua mente si era rinchiusa in un triangolo, ci impedì di prestare attenzione al fatto principale, cioè che il fenomeno si era manifestato soltanto nel momento in cui egli era sovraffaticato.

Questo fatto risvegliò il mio interesse verso ciò che potremmo definire la psicologia dell’individuo che agisce sotto sforzo. La maggior parte degli uomini che ho conosciuto avevano sperimentato, chi più chi meno, le difficoltà del viaggio. Io mi sono allora fatto spiegare sotto quale forma si manifestasse in loro la tensione nervosa. Ma la testimonianza dei propri sentimenti personali è un argomento che va trattato con molta cautela, soprattutto se è un inglese a riferirla. Anche quando ci si imbatte in una delle rare persone che accettino di farlo, ci si rende subito conto che sono stati sufficienti pochi giorni di bagni caldi, qualche abito pulito e il ritorno alla vita di società per cancellare ogni traccia dell’esperienza di viaggio. Con i viaggiatori, bisogna agire come con i salmoni, bisogna catturarli appena hanno risalito il fiume, quando il sapore della loro avventura, come l’acqua salata, è ancora attaccato alla loro pelle.

Mi è stato detto che alcuni uomini con incarichi di responsabilità – capi di spedizioni esplorative, scientifiche, di rilevamento topografico o di prospezione - si formano del loro lavoro un’immagine mentale abbastanza definita, che usano come riferimento e confine per svolgere la loro attività. Per amore di brevità, chiamerò linee di costrizione l’insieme di immagini che creano un sentimento di dipendenza. All’infuori del caso sopra citato, non ne conosco altri in cui la linea di costrizione abbia preso la forma di una figura geometrica definita.

Un uomo che aveva guidato una spedizione faticosa mi ha raccontato che la linea di costrizione gli si rivelò dopo parecchi giorni di marcia durissima. Aveva la forma di una barra, una linea diagonale ombreggiata, collocata sopra al sopracciglio destro, verso l’esterno. Era un’immagine mentale molto nitida e fastidiosa quanto una rigatura sugli occhiali. Egli si sentiva proteso verso di essa con tutto il suo essere. Dopo una giornata di lavoro conclusa bene, il tracciato era chiaro e netto. Invece in una giornata cattiva – una di quelle in cui una parte del carico si smarrisce o la carovana è in ritardo sulla tabella di marcia – il tratto si spezzava e si coagulava in tante macchioline dal bordo sfilacciato. Questa immagine rimase presente in lui anche dopo il suo ritorno alla civilizzazione e accompagnò per qualche tempo i suoi risvegli – allo stesso modo in cui i ricordo del suono della campanella mattutina del collegio accompagna i risvegli dello studente nei suoi primi giorni di vacanza.

Molte linee di costrizione sono difficili da definire. Un uomo mi ha scritto: “Al fondo dei miei pensieri, avevo costantemente presente il quadro di ciò che dovevo fare. Per nulla al mondo riuscirei a spiegare a cosa somigliasse, ma era là, ed era molto concreto. Lo tenni, o meglio, mi tenne fino allo scadere della prima settimana di sonno fra le lenzuola.” Un altro uomo mi ha descritto la sua linea di costrizione come una massa amorfa, una via di mezzo fra l’immagine di un calendario con il blocchetto dei giorni e il carico di un portatore. Questo dà l’idea di quanto possano essere complesse le linee di costrizione e di quali angosce siano la manifestazione e il simbolo. Un viaggiatore, affetto da malaria, paragonò la sua linea di costrizione alla sensazione di tumefazione e di ispessimento delle mani che si verifica all’inizio dell’attacco febbrile e che si accompagna a volte all’impressione di vedere delle linee parallele prolungarsi all’infinito. In ogni caso, ho notato che le linee di costrizione si manifestano soltanto quando l’uomo è molto affaticato. Quando la pressione del lavoro cessa e l’uomo torna a nutrirsi bene, le linee a poco a poco svaniscono e non ritornano che con uno sforzo di volontà.

Quando ero giovane, ricordo di aver ascoltato Stanley che, parlando quasi a se stesso, raccontava una delle sue imprese giovanili, quando era stato obbligato a coprire una determinata distanza in un periodo di tempo molto breve. Verso la fine del suo monologo egli fece un movimento brusco delle mani, con il dito indice teso in avanti come se stesse agganciando qualcosa, e disse: “Naturalmente era la distanza che mi preoccupava!” Mi sono chiesto spesso quale fosse il significato di quel gesto di Stanley e quale forma avesse la sua linea di costrizione.
 
Alcuni uomini, senza responsabilità di comando nella spedizione, mi hanno detto che la loro immagine mentale dopo una giornata di lavoro era rappresentata da un nastro che si srotolava dietro a loro o che cadeva dalle loro mani mentre erano in marcia. Uno dei miei informatori precisò di vedere la distanza già percorsa sotto forma di un filo bianco molto luminoso e quella ancora da percorrere sotto forma di una ragnatela o di una matassa arruffata. L’impegno di questi uomini, tutti dei sottoposti, era limitato a un certo numero di chilometri da percorrere giornalmente. Il motivo della loro concezione lineare del cammino sta nel fatto che i membri di una carovana marciano in fila l’uno dietro l’altro. Soltanto i capi hanno la possibilità di spostarsi avanti e indietro lungo la colonna.   
                 
A giudicare dalla mia unica esperienza di marcia fatta con la necessità di far presto, l’impressione del momento e i ricordi successivi mi riportano l’immagine del nastro che si srotola. In quell’occasione, non dovendomi occupare delle provviste, avevo come unica preoccupazione quella di uscire dal distretto con i miei coolies* il più in fretta possibile. Ricordo che la mia mente si proiettò allora lungo un’immaginaria linea diritta, tutta bianca su di uno sfondo verde cupo. A proposito, sarebbe interessante conoscere le proiezioni mentali degli esploratori del Polo, abituati come sono a lavorare in un ambiente di un bianco immacolato. Ho inteso dire che i corrieri postali del Canada settentrionale e dell’Alaska, che si spostano su slitte trainate da cani, vedono le piste come delle linee corte e diritte collegate fra di loro da collane di perline, vale a dire come un diagramma di tracce rigide lasciate dalle slitte trainate dai cani.

Penso però che la maggior parte dei viaggiatori non traducano i loro pensieri in figure geometriche, ma che conservino nella memoria le immagini, più o meno precise, degli incidenti che hanno costellato la loro esperienza. Ho conosciuto un uomo che diceva di essere in grado, prima di andare a dormire, di proiettare davanti ai suoi occhi, come in un film, tutte le strade che aveva percorso. I suoi compagni mi dissero che i suoi manoscritti e il suo giornale di viaggio erano inaffidabili ma che, quando si pronunciava sull’ora o sul luogo di un certo fatto, era assolutamente imbattibile e tutti gli credevano sulla parola. Le persone che possiedono questo dono di memoria occupano il gradino più alto della scala che ha all’altra estremità quegli uomini deludenti che, dopo mesi di viaggio, ricordano soltanto una lista di nomi di luoghi dove si sono fermati per mangiare, bere, scaldarsi o dormire. Punch ha simboleggiato questo tipo d’uomo nel turista che dice: “Roma…Roma…Non era il posto dove ho comprato quei sigari infumabili?” Sono persone che di solito dedicano tutta la propria attenzione a obiettivi molto limitati, per cui non sono compagni di viaggio difficili.

Un uomo con troppe immagini nel cervello, quando la carovana fa i bagagli tende a lasciare indietro cose di vitale importanza, quali i coperchi dei bollitori o le cinghie per il carico. Soltanto il cuoco, se bianco, deve avere un’indole sentimentale e una certa dose di immaginazione. Ne guadagna in generosità, per il bene di tutti. Recentemente, mi sembra di aver letto di un cuoco che aveva festeggiato il ritorno di un gruppo di viaggiatori, anzichè con una cena di dodici portate, con un pasticcio fatto con un po’ di pancetta affumicata e una decina di scatole di sardine. Possiamo forse considerarlo un lavoratore dotato di inventiva?

Non è precisamente una teoria, ma una mia impressione che i capi spedizione più illustri, per quanto pressante sia l’impegno che li attende, non visualizzino molto o che tengano sotto controllo la loro capacità di visualizzazione. Non ricordo di aver sentito dire a chi ha guidato con successo una spedizione attraverso un ambiente ostile: “Quando la canoa è affondata o il ponte è crollato, potevo vedere esattamente quanto stava per succedere.” Di solito essi dicono: “Quando il ponte è crollato o quando l’ippopotamo ha caricato ho fatto così e così, ho dato questo o quell’ordine.” C’è una ragione evidente per un simile comportamento. Un giorno, un vecchio prospettore mi fece la seguente osservazione: “Finchè ti devi preoccupare soltanto di te stesso,  puoi divertirti a pensare quanto ti pare e piace. Ma quando sei responsabile della pelle di altre persone, devi smetterla di meditare per il tuo piacere personale.” Sono propenso ad affermare che, a prescindere dalla gravità o meno  della preoccupazione, quando si hanno delle responsabilità o mentre vi è del lavoro da fare, non ci si abbandona a digressioni dettate dall’immaginazione. Soltanto più tardi, quando si trascrivono i propri appunti e si dà loro la forma del giornale di viaggio, ci si può tuffare nella propria riserva di immagini mentali. Invece, nello stress del viaggio l’uomo di prima classe, che si distingue dal migliore degli uomini di seconda classe – una distinzione fondamentale – non visualizza né spontaneamente né di proposito.

Negli anni a venire, il dono della visualizzazione potrebbe trovare nuove applicazioni o prendere un’altra forma. Non è impossibile sostenere una conversazione intelligente senza l’aiuto di un atlante, ma non appena un gruppo di uomini comincia a parlare di qualcosa di veramente importante, qualcuno deve andare a prenderlo. E se non lo trova perché è fuori posto o nascosto, tutti continuano la conversazione arrangiandosi con disegni o segni sulla tovaglia. Si scopre allora che la maggior parte degli uomini ha in mente una mappa poco precisa del posto in cui vive e una più accurata – spesso esageratamente dettagliata - del paese che ha visitato e dal quale è appena rientrata. Il turismo in automobile ha enormemente accresciuto le nostre capacità sotto questo aspetto perché un uomo che sa leggere una contea può imparare a leggere una contrada e così via. Molti uomini visualizzano l’Impero secondo il sistema di proiezione di Mercatore quel tanto che basta a sostenere una conversazione e mi è capitato di incontrare un paio di personaggi importanti, che sembravano in grado di far girare a piacimento nella loro testa un mappamondo di 24 pollici riportante le distanze coperte dai transatlantici. In teoria, ogni persona di cultura media è in grado di fare altrettanto. Io, come la maggior parte degli individui, riesco a visualizzare l’atlante, sia pure in modo impreciso, soltanto se l’ho usato.

Al di là di questo, ne ho solo una visione confusa. L’atlante che vedo nella mia mente richiama il primo atlante dalla copertina gialla e blu sul quale sono stato obbligato a studiare e la stessa cosa succede ad altri uomini. Tutti sono del parere che noi visualizziamo i nostri viaggi immaginari come se fossimo a livello del mare, con immagini particolarmente vivide di alcuni capi, porti e approdi. Naturalmente, finchè si viaggerà per mare, dovremo imbarcarci in un porto o cercare un punto d’approdo per sbarcare. Ma non è lontano il giorno in cui il viaggiatore conoscerà appena o darà poca importanza al fatto di essere sopra al mare o sopra la terra, allo stesso modo in cui noi oggi non diamo importanza alle quaranta braccia di mare che stanno sotto al nostro transatlantico o alla depressione di Tuscarora sulla quale stiamo passando. Allora sentiremo parlare dello stato di abbandono dei porti di New York e di Bombay, allo stesso modo in cui abbiamo sentito in passato i lamenti per l’abbandono dei porti di Tarso e di Tiro.


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